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venerdì, novembre 09, 2007

I "bamboccioni" e i parassiti


Il Ministro Padoa-Schioppa non sembra avere le idee troppo chiare. Anche dopo aver parzialmente rettificato le sue infelici dichiarazioni sui “bamboccioni” di qualche settimana fa: la colpa sarebbe - così si è corretto - della generazione dei sessantottini, in quanto troppo “permissivi” nei confronti dei figli.


In realtà, è certamente vero che la “colpa” della situazione tragica in cui versano oggi i giovani è proprio di quella generazione (in realtà, si tratta di coloro che sono nati orientativamente tra il 1935 e il 1955), ma non certo perché troppo “permissivi”, quanto piuttosto perché si è trattato (con le dovute ovvie eccezioni, che confermano la regola) di una generazione di parassiti che ha “rubato” il futuro dei propri figli attraverso un uso spregiudicato del debito pubblico negli anni ‘70 e ‘80. Il ricorso al debito pubblico ha generato una ingente ricchezza privata delle famiglia, cui corrisponde una desolante povertà pubblica, e nel frattempo questo enorme debito pubblico pesa tutto sulle spalle delle generazioni più giovani.

In altre parole, la società è stata letteralmente “spolpata” da questa generazione di parassiti (tuttora saldamente al potere, sia dal punto di vista economico che politico), e proprio come conseguenza di ciò oggi ai giovani (i “bamboccioni”) vengono negati tutti quei fondamentali diritti (lavoro stabile, pensione dignitosa, casa) proprio nella misura in cui è necessario preservare i corrispondenti diritti (lavoro parassitario e intoccabile, pensioni generosissime in rapporto a quanto versato, reddito da affitto da seconda casa, ecc.) usurpati (pardon: “acquisiti”) dalla generazione precedente.

Da tutto questo deriva, evidentemente, che gli aiuti intrafamiliari-intergenerazionali che le famiglie di regola danno ai figli (inclusa - a maggior ragione, e quale minimum - la possibilità di restare a casa fino a 30 anni, e oltre) non solo non può essere considerata in alcun modo una “graziosa concessione”, ma viceversa deve essere considerata un obbligo “morale” (che peraltro sarebbe opportuno potesse trasformarsi presto in un vero e proprio obbligo giuridico).

Si tratta infatti, in altri termini, della semplice restituzione, a livello micro (familiare), di una quota minima di quanto sottratto a livello macro (strutturale) nel passato (attraverso il debito pubblico) e nel presente (attraverso il lavoro precario solo per i giovani, la riforma delle pensioni che colpisce solo i giovani, un mercato della casa caratterizzato da prezzi esorbitanti di fatto solo per i giovani, giacché la “generazione dei parassiti” la casa - e spesso anche la seconda casa - l’ha comprata in modo relativamente facile: come è noto, l’80% delle famiglie è proprietaria della casa in cui abita).

Non bisogna però fare confusione tra i genitori degli attuali trentenni, da un lato, e i loro nonni (la c.d. “generazione silenziosa”, cioè i nati orientativamente prima del 1935), dall’altro. In effetti, sono questi ultimi che hanno risollevato l’Italia distrutta dalla guerra, e hanno fatto un uso intelligente del debito pubblico, mantenendolo a livelli accettabili e soprattutto utilizzandolo per spese per investimenti in infrastrutture (un esempio per tutti: le autostrade), e generando così il boom economico e il c.d. miracolo italiano.

Viceversa, la “generazione dei parassiti” ha ereditato una situazione economica buona, e l’ha distrutta: non a caso, il debito pubblico è cominciato a salire in modo incontrollato non negli anni ‘50 e ‘60, ma negli anni ‘70 e ‘80 (non più per investimenti, ma per spese correnti: stipendi statali, pensioni, ecc), quando la generazione dei parassiti ha cominciato a rivendicare una serie di privilegi, i cui costi sono poi tutti ricaduti sulle spalle della generazione degli attuali trentenni e in parte quarantenni.

In buona sostanza, si è trattato di un uso spregiudicato del debito debito pubblico, senza alcuna considerazione del vincolo di bilancio intertemporale (in base al quale i debiti andrebbero pagati in prima persona, e non trasmessi alle generazioni successive).

La domanda cruciale, comunque rimane: perché il lavoro deve essere precario solo per i giovani? In effetti, nel Regno Unito è sì flessibile, ma lo è per tutti, e in tal modo non si creano sacche di privilegio come invece accade in Italia.

Allo stesso modo, perché la riforma del sistema pensionistico deve colpire solo i giovani? In effetti, se il sistema pensionistico non è in equilibrio è proprio perché la generazione dei parassiti percepisce (e percepirà) molto più di quanto effettivamente versato.

In definitiva, o si spalmano gli oneri su tutte le generazioni (toccando, se necessario, i diritti “acquisiti”), oppure è evidente che gli aiuti intrafamiliari-intergenerazionali sono non solo necessari, ma anche dovuti, pena lo scoppio di una vera e propria rivoluzione generazionale.

Ovviamente, tutto ciò non significa che non sia assolutamente urgente l’adozione e l’implementazione di interventi normativi volti al riequilibrio intergenerazionale delle opportunità anche al livello sociale (strutturale) - lavoro e casa in primo luogo - e non semplicemente familiare.

Ma che almeno si abbia l’accortezza (e il buon gusto) di evitare l’utilizzo di appellativi offensivi nei confronti dei giovani. Anche perché è indubbiamente meglio essere “bamboccioni” che cercano di sopravvivere, piuttosto che “parassiti” passati con grande naturalezza dal “j’accuse” del ‘68 alla “jacuzzi” degli anni ‘80.

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